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Giovedì, 02 Dicembre 2021 07:39

Geco crestato: un interessante studio sulla bio-meccanica del salto

Nello studio "Jumping with adhesion: landingsurface incline alters impact forceand body kinematics in crested geckos", il Dott. Higham e colleghi hanno esaminato la bio-meccanica del salto in Correlophus ciliatus, un geco ben conosciuto per la sua abitudine di saltare con frequenza.


Correlophus ciliatus
mentre spicca un salto - Foto dal web

C. ciliatus è un geco arboricolo endemico della Nuova Caledonia. L'habitat in cui vive è costituito da fitta vegetazione arborea in cui la specie si muove soprattutto balzando da un ramo all'altro, alla ricerca di cibo, conspecifici e presumibilmente per scappare da eventuali predatori. Un aspetto fisiologico fondamentale è l'utilizzo della coda, altamente specializzata, sia come quinto arto, assicurando l'animale a rami e tronchi, grazie alla spiccata prensilità, sia come elemento stabilizzante durante il salto. L'incapacità di questa specie nella rigenerazione della coda, a seguito di autotomia, fa sorgere però quesiti sulle modalità e capacità di controllo del salto in animali privi di quest'ultima. Infatti, durante il salto gli esemplari senza coda tendendo ad assumere una posizione "naso all'ingiù" (come osservato in altri studi), esattamente al contrario degli individui muniti di coda.

Per studiare la bio-meccanica del salto in C. ciliatus, è stato posizionato un piano orizzontale, fisso a una distanza "d" e una differenza di altezza "∆h" da un secondo piano inclinabile, posizionato rispettivamente a 0°, 45°, 90° nelle varie fasi sperimentali; sono state così esaminate le modalità con le quali il geco controllasse eventualmente la caduta e regolasse, in fase di atterraggio, il dissipamento delle forze in gioco a seconda dell'inclinazione del piano mobile rispetto al corpo.


Foto sequenza del salto di geco crestato - Foto by: L.A.C Herps

Dai risultati è emerso che C. ciliatus non sembrerebbe governare la traiettoria durante il salto ma solamente indirizzarla prima di spiccarlo. La coda offre un elemento di bilanciamento per l'acquisizione della classica postura "skydiving" ma non di timone, in cui la curvatura del corpo espone arti e addome, portando indietro la testa. Oltretutto, ipoteticamente, verrebbe preferito l'atterraggio su superfici verticali che offrono maggior sicurezza per il geco, potendo affidarsi a unghie e lamelle subdigitali per l'adesione, ma soprattutto un impatto minore del corpo, data l'efficacia maggiore nel dissipamento delle forze di impatto attraverso gli arti, che piegandosi in maniera fisiologica assorbono l'urto. Atterrando su superfici orizzontali, il primo contatto avviene con torace e addome, in questo caso, essendo massima la forza di atterraggio, cosa succederebbe a queste zone delicate qualora il balzo fosse effettuato da altezze particolarmente elevate?


Geco crestato durante il salto, da notare la posizione inarcata della schiena - Foto dal web

Questo studio, oltre ad essere un esercizio di fisica applicata a un sistema biologico (ben conosciuto per molti erpetofili), è molto interessante per la comprensione formale di un fenomeno quotidianamente osservato per qualcuno e sconosciuto per tanti altri.


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Letto 1083 volte Ultima modifica il Martedì, 25 Gennaio 2022 14:35