Una delle caratteristiche che più influenza il nostro occhio è spesso la grandezza. Se la specie vivente più grande ad oggi è Rhacodactylus leachianus, circa 40cm totali, seguito da diverse altre che si attestano intorno ai 30cm, sappiamo per certo che non è sempre stato così. Per tutti gli appassionati di erpetologia, un caso specifico rimane il misterioso emblema di qualcosa che è stato e i cui segreti non sono ancora stati svelati per intero. Stiamo parlando del campione museale che sarebbe la specie di geco tassidermizzata più grande di sempre: Hoplodactylus delcourti.
La storia di questo reperto è alquanto travagliata tra spostamenti, perdite di informazioni e incendi, ma viene ufficialmente ritrovato nel museo di storia naturale di Marsiglia nel 1979 dal dottor Delcourt (a cui è stata dedicata la specie). Le condizioni del preparato sono precarie e la tecnica di tassidermia alquanto strana: l'animale (di cui le origini sono appunto sconosciute) era stato sviscerato, essiccato e tassidermizzato utilizzando parti dello scheletro come supporto. Nel 1986 Bauer e Russel lo descrissero come, appunto, Hoplodactylus delcourti, della famiglia delle Diplodactylidae e ipotizzarono provenisse dalla Nuova Zelanda.
Fino a che, il 19 giugno 2023 viene pubblicato un articolo frutto della collaborazione tra 8 studiosi (Reappraising the evolutionary history of the largest known gecko, the presumably extinct Hoplodactylus delcourti, via high‑throughput sequencing of archival DNA - Heinicke et al.) in cui diverse tecniche ed analisi sono state unite e sovrapposte per migliorare il quadro generale delle notizie certe che abbiamo su questa specie. Le indagini morfologiche che avevano dapprima inserito questo grosso geco nel genere Hoplodactylus sono state implementate con quello che è divenuto lo standard tecnologico, di analisi genetiche a supporto integrativo nella tassonomia e sistematica attuale (e non solo), ovvero il sequenziamento cosiddetto di nuova generazione, o per meglio dire "ad alto output" (high-troughput). Utilizzando 50 mg di tessuto osseo, ottenuto dal femore sinistro dell'animale, è stato possibile sequenziare l'informazione genetica in esso contenuta, per paragonarla alle specie attualmente viventi di diversi generi di Diplodactylidae provenienti da Australia, Nuova Zelanda e Nuova Caledonia. Le analisi di comparazione sono state fatte su sequenze (specifici geni e il completo genoma mitocondriale) per diversi campioni precedentemente ottenuti dai generi: Bavayia, Correlophus, Crenadactylus, Dactylocnemis, Dierogekko, Diplodactylus, Eurydactylodes, Hoplodactylus, Mokopirirakau, Naultinus, Oedura, Pseudothecadactylus, Rhacodactylus, Strophurus, Toropuku, Tukutuku, e Woodworthia.
Le analisi bioinformatiche, unite a una revisione approfondita, soprattutto sulla morfologia di mani e piedi all'interno della famiglia, hanno riconfermato l'appartenenza della specie ai Diplodactylidae, ma anche di indagare a fondo in quale specifico clade (coincidente con le attuali distribuzioni tra Australia, Nuova Zelanda e Nuova Caledonia) collocare l'entità esaminata. Il risultato è stato abbastanza incisivo da mettere un po' a soqquadro le premesse di cui eravamo certi: questo geco è geneticamente troppo lontano dal genere Hoplodactylus, ma soprattutto, questo campione non sembra provenire dalla Nuova Zelanda, bensì dalla Nuova Caledonia. È stato quindi il caso di ri-classificare quello che è stato Hoplodactylus delcourti in quello che ora è Gigarcanum delcourti, etimologicamente "gigante, antico e misterioso".
Con la sua grandezza di 370 mm SVL (dal rostro alla cloaca) questo reperto si posiziona nel gruppo neocaledone in stretta vicinanza con i ben conosciuti generi Eurydactylodes, Rhacodactylus, Mniarogekko, Correlophus e Bavayia. L'orologio molecolare (una datazione basata sui tassi di mutazione delle sequenze genetiche) ha stimato che il più recente antenato tra questi generi neocaledoni si possa posizionare intorno ai 14 milioni di anni fa. Gigarcanum delcourti parrebbe essere un onnivoro, abitante la parte più alta delle chiome delle foreste dell'arcipelago, con una dieta non dissimile, quindi, dalle attuali specie viventi. L'elevato tasso di evoluzione delle dimensioni del corpo è stato considerato dagli autori come unico e caratteristico del clade neocaledone, anche perché significativamente maggiore se confrontato a quello riscontrato in Nuova Zelanda. Qualunque siano i suoi attributi biologici, è chiaro che, nonostante le sue enormi dimensioni, G. delcourti era estinto o estremamente raro al tempo della colonizzazione europea del Pacifico sudoccidentale e che il suo stile di vita, associato al suo habitat lo lasciarono in gran parte o del tutto sconosciuto ai coloni europei della regione. Così la breve descrizione del Maori kawekauweau, ovvero il folkloristico geco gigante descritto dai nativi, se proprio si riferisce a questa specie, fornisce l'unica vera prova, in aggiunta a questo esemplare museale unico, che sia mai esistito.
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