Giornalismo e terrariofilia: un rapporto difficile In evidenza

Negli ultimi giorni, su una famosa testata giornalistica, sono stati pubblicati due articoli che puntano il dito contro il commercio di animali attraverso il racconto di presunte attività illecite, alcune delle quali nell'ambito della fiera Terraristika di Hamm.

Come associazione e come singoli individui, siamo i primi interessati a isolare e reprimere eventuali comportamenti illeciti o eticamente discutibili, ma non siamo disposti ad accettare accuse generiche e non saldamente sostenute da una profonda conoscenza della materia. Scrivo quindi questo breve articolo per fare un po' di chiarezza sulla normativa che regola il commercio di animali e per provare a raccontare più da vicino questo mondo.

Giovani appassionati in una fiera di settore o criminali in erba?

Il primo articolo, pubblicato il 2 Settembre, si intitola così: "Ecco come siamo (quasi) diventati trafficanti di rettili". Il pezzo inizia con un dato sicuramente inquietante ma che merita forse una specifica: pare che il commercio illegale di specie selvatiche sia la quarta industria più redditizia dopo quella della droga, del traffico di esseri umani e delle armi. Un lettore poco attento (o semplicemente un po' stanco) potrebbe pensare che "questi allevatori di rettili criminali stanno facendo i big money con il sangue versato degli animali!". Ecco, ci sarebbe piaciuto leggere anche che il grosso dell'indotto è, però, generato dal commercio di pellami, avorio e altri derivati animali per i più disparati scopi, e non è certamente legato al commercio di animali vivi a scopo di allevamento.

E' colpa dell'internèt!

Ad un certo punto l'autore si traveste da hacker per spiare cosa succede online e scrive:

"Nonostante la maggior parte delle piattaforme di e-commerce abbia deciso di proibire la vendita di oggetti e di animali protetti dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione, o CITES, è ancora possibile trovare praticamente di tutto."

Il fatto che alcune piattaforme di vendita non siano in grado di far rispettare il proprio regolamento, non rende queste attività illegali. Il commercio di animali protetti dalla normativa CITES è sottoposto a stringenti regole, ma è perfettamente legale a patto di rispettare i dettami della normativa.

L'autore continua:

"Una volta entrati in Facebook, ad esempio, è quasi impossibile rintracciare il feed che il social network ci mostra in quel momento (a meno che venga fatto uno screenshot). Una volta che il flusso dei post mostrati è andato, non è più rintracciabile. Inoltre, quanto una transazione ha luogo, è sufficiente cancellare il posto e il gioco è fatto."

La prassi di cancellare i post di vendita dopo che la merce è stata acquistata è una pratica diffusa (e auspicabile) in tutti i gruppi di vendita, sia che si tratti di rettili, sia che si tratti di pannolini lavabili per bebè. In ogni caso, non si capisce se l'autore stia alludendo a ipotetici illeciti o meno, lo stesso infatti ammette, successivamente, che i venditori dichiarano di possedere (nei casi in cui è richiesto) il documento che ne consente la vendita. E quindi, cosa li dovrebbe spingere a cancellare il post se non la sola volontà di evitare la scocciatura di nuovi contatti da persone interessate ad esemplari già venduti? Ricordiamo, inoltre, che la maggior parte degli animali commercializzati sui gruppi Facebook (e anche la maggior parte dei rettili allevati in cattività) non sono sottoposti ad alcuna restrizione e la vendita è perfettamente libera.

Alcuni scatti dal Verona Reptiles, una delle principali fiere terrariofiliche italiane.


L'autore quindi prosegue raccontando dettagliatamente due tentativi di acquisto che però non evidenziano situazioni di illiceità rispetto alla normativa CITES. Quasi 5.500 caratteri su circa 10.000 dell'intero articolo per raccontare la sua esperienza di acquisto. Senza alcun colpo di scena, senza scoprire alcunché. Cosa può succedere però?
Succede che il nostro amico lettore poco attento e magari un po' svogliato potrebbe, nello scorrere veloce di questi 5.500 caratteri, essersi fatto infinocchiare: potrebbe nel frattempo essersi insinuata dentro di lui la convinzione che di questi animali sia vietata la vendita. Ma così non è. E se te lo stai chiedendo, la cattura in natura degli animali in CITES, seppure eticamente discutibile, è regolamentata ma non vietata. La Convenzione indica infatti il numero massimo di esemplari catturabili in natura.
Quindi qualcuno mi spieghi di cosa stiamo parlando da 5.500 caratteri a questa parte!

Il secondo articolo, "Dentro la fiera di rettili più grande del mondo", parte malissimo: se vai alla fiera Terraristika di Hamm o sei un allevatore/venditore abituale e per te questa faccenda dei rettili è un vero business oppure sei un avventore occasionale e sei lì per caso, hai comprato una ranocchia della quale sai poco più di niente. L'autore però non cita, probabilmente perché non ne conosce l'esistenza, un terzo gruppo di persone, il più sostanzioso e rappresentativo: quello degli appassionati. Appassionati da pochi mesi o da molti anni, con 5 o 50 rettili, adulti e adolescenti, ragazzini che mettono pazientemente da parte la propria paghetta pur di avere nella propria cameretta puzzolente di calzini un piccolo scorcio di natura.

E tutto il resto dell'articolo è noia: "forse è legale, forse no, non possiamo controllare, chi lo sa…"

In definitiva, qualcuno può spiegarci come siamo diventati trafficanti di rettili? Perché da ciò che si legge, c'è tanto fumo ma veramente niente arrosto.

 

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Letto 3016 volte Ultima modifica il Giovedì, 12 Settembre 2019 16:26